L’OSPEDALE DI PADOVA E LE CASE DI ACCOGLIENZA

Ringrazio molto del gradito invito a ricordare questi bei 10 anni di lavoro per realizzare un progetto “antico”, certamente caro a S. Camillo, di accogliere e sostenere le persone sofferenti, e oggi in particolare quelli che sono più vicini agli ammalati.

Mi ricordo che nel 1995, a seguito dello scorporo dell’ULSS 21 in Azienda Ospedaliera di Padova e ULSS 16, il nuovo Direttore Generale Dott. Gianpaolo Braga fece presente il grave problema della mancanza di servizi per l’ospitalità dei parenti dei pazienti ricoverati in questo Ospedale: molti usavano le proprie auto come residenza notturna. Una situazione davvero incresciosa e per niente dignitosa, e d'altronde non tutti potevano permettersi di alloggiare in albergo.

L’Ospedale di Padova è sempre stato un  centro di eccellenza sanitario, importante riferimento per l’attività dei trapianti in ambito nazionale, oltre ad essere luogo di cura per tanti stranieri, ed in particolare per casi umanitari, grazie alla disponibilità di numerosi specialisti, vuoi per motivi personali di carattere etico-religioso, vuoi per motivi professionali legati ad esperienze in altri paesi europei ed extra-europei. Le sue alte professionalità, grazie anche all’impegno di molti amministratori, hanno dato forte risalto tecnico-scientifico rendendolo un luogo di cura di attrazione per molta utenza, che ha affrontato difficoltà, di vario genere, pur di poter usufruire dei suoi servizi specialistici.

In questo contesto apparve evidente l’esigenza di offrire accoglienza ai parenti dei malati, in modo che potessero affrontare con serenità periodi più o meno lunghi di soggiorno a Padova, e soprattutto offrire quell’aiuto necessario a sostenere la malattia e le cure del proprio caro. Ciò è stato l’elemento centrale di un’opera che si è avviata partendo dal cercare disponibilità strutturali ed umane nel campo del privato-sociale, in modo da creare una rete di accoglienza.

Un lavoro che ha visto coinvolti vari e diversi soggetti e persone (che sono state e sono cultori della solidarietà): la Parrocchia di S. Camillo (Padre Roberto e il Dott. Chiarelli), l’IRPEA (Don Lucio Calore), la CILLA (Dott. Salvatore), alcune IIPPAABB (istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza)  e poi via via si è costituito un gruppo di “amici dell’Ospedale” (medici e tecnici) che insieme hanno dato vita all’esperienza di Padova Ospitale, guidata dal Dott. Angelo Chiarelli.  E poi, grazie all’opera di tanti volontari (e tra questi l’AVO con l’allora Presidente Marilena Bertante), quante iniziative di incontro e di festa con il medesimo spirito e lo stesso obiettivo di raccogliere fondi per realizzare le Case di Accoglienza, che oggi sono numerose.

La Casa S. Camillo  è il primo risultato di questo lavoro di solidarietà tra pubblico e privato e privato-sociale ed è stata ed è tuttora un segno tangibile dell’impegno generoso e appassionato di tanti volontari che nel nome di S. Camillo si sono incontrati e dedicati a parenti di pazienti ma anche ammalati. È un’espressione concreta della carità di una comunità cristiana che, oltre ad accogliere persone “straniere”, sa anche essere un dono di per sé per la gratuità e il saper coinvolgere in maniera semplice quanti hanno nel cuore le necessità dell’altro.

Un grazie mio personale, ma soprattutto di questo ospedale per questo importante servizio, che non fa pubblicità, ma che sa essere nel silenzio un operatore instancabile di assistenza e di sostegno e che è generatore di amicizia tra volontari e con gli ospiti, che si sentono non estranei ma a casa loro.

 

Silvana Bortolami

 

 

 

 

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