LE TESTIMONIANZE DI DUE VOLONTARI

L’assistenza ai malati è il cardine, la specificità dell’Ordine fondato nel 1600 da Camillo de’ Lellis. Da qui la presenza dei Camilliani all’interno degli ospedali, dove da sempre esercitano il loro ministero occupandosi del sollievo morale e anche materiale (tanti Camilliani sono medici) di chi soffre.

Ma accanto ai malati ci sono parenti, i genitori, i figli, le mogli e i mariti che soffrono con chi soffre e che spesso devono affrontare situazioni difficili sotto il profilo psicologico e pratico.

A queste persone ha pensato dieci anni fa la Parrocchia di S. Camillo, costruendo per i parenti dei malati una Casa di Accoglienza che, per molti aspetti, può essere considerata un “ progetto pilota”, un’esperienza unica e innovativa.

Oggi a Padova le Case di accoglienza sono molte, ma io penso che la Casa di Accoglienza S. Camillo abbia conservato nel tempo una sua specificità, grazie alla presenza costante e generosa dei tanti volontari che hanno saputo e sanno stare vicini ai parenti dei malati, non solo con l’ascolto, ma pure sollevandoli da ogni incombenza pratica. Anche stirando le tante lenzuola o mettendo in ordine le camere si aiutano queste persone, dalla cui serenità spesso dipende una maggiore serenità del malato.

È bello e gratificante constatare che, all’interno della Casa, sono nate delle profonde amicizie, che le persone, pur nella sofferenza, tornano volentieri qui da noi, e che molti si ricordano dei volontari, mandando gli auguri per Natale o portando squisite arance siciliane e dolcetti speciali!

 

Andreina Berti

 

 

 Non avrei mai pensato che, dedicando fin dall’inizio una piccola parte del mio tempo libero alle necessità della Casa, sarei durato così tanto. Il tempo è volato talmente in fretta che mi sembra ieri il giorno del taglio del nastro. Ma come per tutte le cose piacevoli che si fanno con cuore e dedizione il tempo non impone limiti.

È  giusto che la Casa di  Accoglienza S. Camillo si faccia conoscere di più, raccontandosi anche alla città. Siamo un gruppo di 15-20 volontari che accogliamo, nelle 12 stanze della Casa, i parenti dei ricoverati (coniugi, figli, genitori, gli stessi ammalati una volta dimessi). Siamo impegnati a donare loro, oltre al conforto di un ambiente dignitoso e accogliente, la disponibilità di una parola di sollievo e di incoraggiamento. Con lo spirito di solidarietà che contraddistingue il volontariato, quale risorsa umana speciale, siamo persone che dedicano parte della propria vita, anche se in misura limitata, a servizio degli altri, senza nulla chiedere.

La Casa di Accoglienza S. Camillo  è un bene essenziale per gli altri, al cui servizio il nostro gruppo di volontari si dedica con amore, dà una mano con carità cristiana e con generosità, cercando di non uscire mai dalle righe della discrezione e dell’umiltà.

Termino riportando alcuni significativi passaggi di una bella preghiera intitolata al volontariato, laddove si implora la presenza del buon Dio per svolgere in modo coerente l’arduo “mandato” del volontariato: “Scoprire nel volontariato l’opportunità di incontrare non solo la sofferenza umana, ma di vivere l’amore, l’amore verso il prossimo; aprire le menti e valorizzare l’unicità di ogni persona, con la sua storia e cultura; aprire gli orecchi ad accogliere con gentilezza le voci che chiedono ascolto; aprire i cuori onde offrire speranza dove c’è paura, solidarietà dove c’è solitudine, conforto dove c’è tristezza; avere l’umiltà di riconoscere di non essere la luce ma strumenti della luce, di non essere l’amore ma espressione dell’amore di Cristo”.

Come ho detto, è una preghiera, ma potrebbe diventare regola di vita se solo fossimo capaci di usare l’umiltà nel parlare, nell’operare, nell’agire.

 

Lino Marescotti  

 

Una delle 9 stanze della Casa di Accoglienza
 

 

 

 

 

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