L'angolo dei giovani

IN INDIA …  (1)

Non riuscirò a declinare qui l'essenza di ciò che sono stati i miei giorni in India. Il sorriso di un bambino che ti vuol bene schiettamente, quasi senza ritegno; i discorsi con suor Aleyamma, col tassista, con Krishna; le fantastiche chiacchierate notturne con Margherita a cercare di raccapezzarci, a comunicare gioie e dolori troppo grandi per essere rimuginate da soli.
Tutto questo rimarrà dentro me, ben custodito. Mi costringerò a parlarne, con molta fatica, ai i miei amici più cari, come un dono preziosissimo.
Posso farvi intuire brevemente una società fiera e patriottica, con una grande fiducia nel proprio paese e nelle sue capacità. Un sentimento ambivalente nei confronti dello straniero occidentale, ricco ma depravato, bello ma debole. E soprattutto, visto che non miro solo a provocare il rumoreggiare corrucciato e dolente di una platea di parrocchiani, vorrei dire due paroline sul viaggio, formidabile antidoto all'autoreferenzialità, nutrimento per la cosiddetta apertura mentale.
"Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu" ("Nella mente non c'è niente che non sia già stato nei sensi"
n.d.r.) non riesco a togliermi dalla mente questo adagio empirista, perché la cultura indiana può essere capita vivendola, solo respirandola, come tutte le

culture altre. L'altro-da-sé diventa finalmente comprensibile vivendoci accanto, non leggendo una guida sull'India, non leggendo un libro sull'Islam. (Quanto lontano mi porterebbe questo importantissimo discorso; chi ha orecchie per intendere intenda …). Ebbene lo confesso: ho fatto un poco di intercultura da supermercato, ma capire, e tollerare, chi vive e pensa in modo diverso dal nostro non costituisce affatto un annacquamento di ciò che siamo, ma la via maestra per vivere IN PACE  E CONSAPEVOLMENTE NEL MONDO.
Quindi per noi "turisti del volontariato"- non come padre Amelio, non so dirvi quanto ammiro la sua scelta - stare tre settimane in India è stato

paradossalmente più utile a noi che a loro. Sento che il mio lavoro lì è stato quasi trascurabile, ma il lavoro di quelle persone su di me è stato metamorfico. Metamorfico per la mia vita QUI! E' stato formidabile fuggire da questo maledetto Veneto bottegaio ma adesso devo lavorare qui, vedendo le cose in un altro modo, reso diverso dai giorni più densi di emozione della mia vita.


Jacopo Tisato

torna all'indice - Vita Nostra marzo 2007 - anno 1 numero 2