Dal presepio del 2005, la Natività

PER   UN  NATALE  NUOVO

Un altro Natale!  E va bene, continuiamo pure e andiamo avanti. Avanti con le solite zampognate (anche se, comunque, sempre meno commoventi); avanti con le omelie da secoli, e con la solita gente da messa di mezzanotte;  avanti con i soliti pacchi-dono per i poveri.  Avanti con i soliti discorsi e messaggi alla nazione, ai popoli, al globo terraqueo.
Così inizia padre Davide Turoldo il capitolo di un suo libro intitolato "Per un Natale nuovo", e la sua ruvida e sarcastica esclamazione intende scuoterci dall'abituale attesa di una data ricca di sentimentalismi, per ricordarci che dovremmo viverla invece  come occasione di impegno e di conversione.
Nel tempo natalizio i messaggi della Parola di Dio vanno oltre le nostre logiche e attese:
"Il popolo che camminava tra le tenebre vide una grande luce;  come sono belli sui monti i piedi del messaggero di pace ! Siate lieti, il Signore è vicino".  Nelle celebrazioni ascolteremo ancora una volta i vangeli di Luca e Matteo che narrano la nascita di Gesù e gli eventi che l'hanno preceduta ed accompagnata; è una dolce e drammatica storia familiare, ma è soprattutto annuncio del mistero fondamentale del cristianesimo, l'Incarnazione:  Dio ha tanto amato gli uomini, da donare loro  Gesù,  Dio è entrato nella tenda della carne fragile dell'uomo.
Le liturgie natalizie non sono un semplice ricordo di avvenimenti accaduti duemila anni or sono, ma ci riguardano tuttora. Celebrarli vuol dire farli rivivere, non tanto nel ricordo quanto nella realtà. Perché Dio è sempre pronto a produrre l'essenziale, la grazia di quell'avvenimento, nei credenti che con fede sincera lo celebrano

Dal presepio del 2005, la Natività

Essi vivono così lo stesso incontro con Dio che in passato fu offerto agli uomini di allora, purché vi abbiano preso parte con cuore aperto. Se furono presenti solo fisicamente non vissero quell'incontro, e non lo viviamo neppure noi se, nonostante le celebrazioni liturgiche, siamo distratti da altri pensieri e non ci impegniamo a cogliere il profondo mistero del Natale.
Se invece siamo attenti e aperti a Lui, possiamo accogliere Gesù; possiamo perfino temere che venga a disturbarci, con il suo comando di amare come ha amato lui.  Dovremmo tenere aperti gli occhi per cogliere i segni della venuta di Gesù, che dovrebbero diventare anche i nostri. Non sono segni del chiasso e del consumo, ma segni della pace che viene da  Dio proposta a tutti gli uomini di buona volontà. Il Natale è tempo di salvezza. Il Figlio di Dio si fa uomo perché gli uomini diventino figli di Dio. Il Natale è tempo di perdono: Gesù viene perchè ci sia pace fra gli uomini, a gloria di Dio. Il Natale è tempo di luce: può rinascere la speranza di vivere di giustizia  e di amore. Natale è dunque occasione di grazia che  non dovremmo lasciarci sfuggire, e per questo dovremmo preparaci a viverlo bene;  è

questo il significato e il  motivo delle quattro settimane di Avvento, tempo dell'attesa, durante il quale può ben guidarci la contemplazione di Maria, vergine in trepidante attesa del Figlio, durante i nove mesi della gestazione.
Con Tonino Bello, chiediamole di riaccendere nelle nostre anime le attese che ci bruciavano dentro, quando per farci trasalire bastava l'arrivo di un amico o uno stormo di campane a festa o il crepitare di un ceppo. Se oggi non sappiamo attendere più è perché siamo a corto di speranza. Soffriamo una profonda crisi di desiderio e, ormai paghi di mille surrogati che ci assediano, rischiamo di non aspettare più nulla da quelle promesse ultraterrene che sono state firmate da Dio dell'Alleanza. Attendere è segno di speranza. E il Signore che viene  - oh Maria, donna dell'attesa - ci sorprenda, anche per la tua materna complicità, come le vergini sagge  con le lampade accese in mano.

Luisa e Gaetano Malesani

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presepe 2005  nella nostra chiesa...

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