Hanno scritto: Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose
PER UN'ETICA CONDIVISA

Un buon libro è sempre un grande aiuto per passare bene le vacanze. Quest’anno mi sono portato sotto all’ombrellone in spiaggia un libretto che Paola mi aveva regalato per il compleanno mesi fa e che avevo tenuto sul comodino in attesa di trovare il tempo per leggerlo. Il libretto si intitola “Per un’etica condivisa” ed è l’ultima opera di Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, ben noto a molti cattolici padovani per essere stato invitato spesso dal nostro Vescovo a tenere in Cattedrale una Lectio Divina in varie occasioni. Il libro è pubblicato nella collana delle Vele di Giulio Einaudi editore.

Per dare un’idea dei contenuti del libretto - centoventisei pagine che si leggono velocemente - vale la pena di riportare i titoli dell’introduzione, dei quattro capitoli e della conclusione:

· Introduzione. È ancora possibile un confronto nella mitezza.

· Un linguaggio umile per narrare la fede.

· Il peso delle parole.

· L’etica e la scienza nella luce della fede.

· Conclusione. Immersi nella storia degli uomini.

Come si può immaginare, il tema centrale è il confronto tra credenti, in particolare i cristiani, e non credenti, sui temi dell’umanizzazione della società civile, della difesa della dignità dell’uomo, della promozione della giustizia, della pace e della riconciliazione. Quale deve essere lo stile del cristiano in tutto ciò? Scrive Bianchi:

 

“Il posto dei cristiani è nella compagnia degli uomini: con loro, senza alcun titolo che a priori li garantisca più degli altri nella realizzazione di un progetto sociale, dialogheranno e si confronteranno con franchezza e senza arroganza, memori che il loro Signore e maestro li ha chiamati “piccolo gregge”, invitandoli a “non temere” la realtà quotidiana; una minoranza fiera della propria identità ma non arrogante, consapevole che, pur senza mai tralasciare di predicare il vangelo, il risultato non dipende dalla sua volontà perché, come ricorda san Paolo nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi, “non di tutti è la fede”. In una situazione di pluralismo, la Chiesa non deve e non vuole essere un gruppo di pressione, perché il suo posto nella società è quello di interlocutrice, non di reggente, e perché, come ha anche ricordato Benedetto XVI, “la Chiesa non intende rivendicare per sé alcun privilegio [...] non vuole imporre ai non credenti una prospettiva di fede”, ma porsi, insieme a loro, al servizio dell’uomo.”

 

Sono molte le pagine che stimolano una riflessione profonda sul nostro comportamento di cristiani nel lavoro, nella vita sociale, nel confronto con chi non ha la fortuna di credere, e sulla radicalità dell’essere cristiani. Spero che queste poche righe suscitino qualche curiosità e spingano a leggere questo libro. Voglio qui riportare integralmente due pagine della Conclusione, che parlano delle Comunità cristiane, e quindi si attagliano molto bene anche alla nostra comunità parrocchiale di San Camillo. Scrive Bianchi (sottolineo i punti importanti):

 

 

“Credo che, in vista di un recupero del primato della fede, dell’attesa delle cose ultime e di un’arte della comunicazione autentica, rimanga indispensabile la lettura e la conoscenza del vangelo tra quanti compongono la comunità cristiana. Infatti, se è vero che il cristianesimo non è religione del Libro, è altrettanto vero che solo il vangelo consente la conoscenza di Gesù Cristo, centro e cuore del cristianesimo. "L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo", affermava san Girolamo, ripreso non a caso dal Concilio Vaticano II. Quale figura di cristiano può mai emergere senza una conoscenza diretta di Gesù Cristo e della sua umanità esemplare come quella che può venire dalla lettura e dalla familiarità con i vangeli? Un cristianesimo in cui il vangelo non inspira la vita, la speranza e il linguaggio dei credenti, come riuscirà a non divenire rituale, devozionale, a non ridursi a fatto culturale o sociale, se non addirittura a fenomeno folcloristico o superstizioso? Solo con la lettura personale e diretta della Bibbia - e, in primo luogo, del Vangelo - il cristiano può nutrire la sua fede e irrobustire la sua capacità di testimoniarla. In questo senso sarebbe dunque auspicabile un percorso di serio approfondimento nella comunità cristiana che tenga conto in sintesi di due esigenze. La prima è quella di porre l'accento sul vangelo, su quel testo che il Concilio ha voluto e saputo ridare in mano ai cattolici nella sua interezza e ricchezza dopo secoli di esilio della Scrittura dalla catechesi e dalla predicazione: alcuni si stupiscono, altri si rammaricano di fronte al dato che neppure un quinto degli italiani afferma di avere letto i quattro vangeli. Senza conoscere il vangelo com'è possibile conoscere Gesù Cristo e sentirlo quale Signore? Come si può cogliere la sua umanità esemplare per noi uomini, l'essersi fatto uomo di Dio "per insegnarci a vivere da uomini in questo mondo", secondo l'espressione di san Paolo? Come percepire che scopo della umanizzazione di Dio è l'autentica umanizzazione dell'uomo?"

Ed ecco la seconda esigenza di cui occorre tenere conto.

“La seconda esigenza è l’ascolto dell’umanità di oggi, uomini e donne [...]. Se c’è stato e c’è un fallimento, è quello della trasmissione, della “tradizione” della fede, ma l’antidoto consiste ormai solo nel ristabilire il primato del Vangelo e dell'ascolto dell'umano. In una stagione in cui tutto è rimesso in discussione - la concezione del rapporto con il proprio corpo, con l'altro sesso, con la sofferenza, con il tempo, con la natura ... - occorre elaborare risposte di sapienza che dicano chi è l'essere umano e come possa umanizzarsi attraverso una qualità di vita personale e di convivenza."

 

Al termine di questa presentazione riporto una bella frase che compare all’inizio del libretto nell’Introduzione:

“I cristiani con le loro parole e le loro azioni devono favorire l’emer-gere di quella legge inscritta nel cuore di ogni uomo, l’emergere di quell’immagine di Dio che ogni essere umano, anche il non cristiano, porta in sé.”

 

Per concludere, una proposta alla nostra comunità che si deduce dalla lettura del libro di Bianchi: perché, a partire dal prossimo anno, in cui ricorre il cinquantenario della Parrocchia, non programmare un ciclo di quattro anni dedicato alla lettura dei quattro Vangeli, uno per ogni anno? Si potrebbero coinvolgere in parallelo vari gruppi della comunità di S. Camillo, ogni gruppo con un tipo di cammino adatto alle sue esigenze, ma tutti approfondendo insieme lo stesso Vangelo. Sarebbe un cammino certamente impegnativo, che andrebbe programmato ed organizzato con cura, ma che ci riporterebbe alla fonte ed al cuore della nostra esperienza cristiana di singoli e di comunità.

a cura di Luigi Salce

 

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