Il patrimonio dei ricordi


MONS. ANTONIO VAROTTO

Ci ha insegnato ad amare le persone anziane, specie non autosufficienti, fondando oltre 50 anni fa, con Nella Maria Berto, un’opera innovativa per tutelare la dignità della vita e rafforzare il benessere spirituale.

Ci ha insegnato a credere in questi valori irrinunciabili come testimonianza dell’ispirazione cristiana, come Fede nella Provvidenza, con umiltà dei comportamenti, con generosità dell’anima, con fedeltà alla missione.

Ci ha insegnato a trovare la forza interiore per superare difficoltà e superare problemi, affidandosi completamente all’intercessione della Madonna.

Ci ha insegnato come Pastore dedito alla comunità, a servire la comunità nei suoi bisogni con impegno costante, limpido, disinteressato, profetico.

(Angelo Ferro, presidente OIC)

 

Mercoledì 13 gennaio, all’ospedale civile di Padova, ha concluso il suo cammino terreno il fondatore dell’Opera Immacolata Concezione, decano dei preti della diocesi per anzianità di ordinazione.

Solo da pochi giorni era stato ricoverato, ma da parecchi anni aveva concluso la sua attività ed era curato e assistito all’interno dell’Opera da lui avviata.

Mons. Antonio Varotto era nato nel 1913 a Bosco di Rubano, dove la famiglia gestiva un negozio bazar e insieme osteria. La mamma Albina, dopo Antonio, ebbe altri otto figli di cui tre divennero anch’essi preti: don Angelo, direttore dell’Opera dell’Adorazione e poi arciprete di Villa Estense; don Pietro, parroco di Castelbaldo e poi di San Giuseppe; padre Giovanni dei Padri bianchi, missionario in Africa.

Ordinato sacerdote nel 1935, nei primi due anni è stato vicario parrocchiale ai Servi e professore di lettere nella scuola per ragazzi che si preparavano a entrare in seminario (tra loro il futuro vescovo mons. Oscar Rizzato). Altri tre anni di cooperatore li svolse a Curtarolo. Poi, nel ’41, il vescovo Agostini gli affidò il compito di fondare la nuova parrocchia di San Prosdocimo: era il parroco più giovane.

In tempo di guerra portò a compimento la chiesa, la canonica, la scuola materna, il patronato. Ma non bastava: don Antonio era un apostolo della devozione alla Madonna, secondo la spiritualità di Luigi Grignion de Monfort; era anche un predicatore ricercato per esercizi, missioni e incontri spirituali e a bordo della sua Vespa girava la diocesi, avvicinando molte persone alla spiritualità mariana da lui proposta con tanto entusiasmo. Le unì in un’associazione e fondò per loro nel 1946 la rivista mariana Respice Stellam (che vive tuttora promossa dalla parrocchia delle Grazie di Piove). La tipografia era nello scantinato della canonica e si chiamava con titolo mariano Regina dei Cuori (poi Erredici, tuttora operante a Rubano).

Gli inizi del suo ministero di parroco coincidono con gli anni della guerra e della resistenza, durante i quali molti prigionieri inglesi trovarono ospitalità nella soffitta e negli scantinati della parrocchia. In questa attività coinvolse anche il vicino parroco di Terranegra don Giovanni Fortin, che subì la deportazione a Dachau. Il cappellano don Lorenzo Ronzani fu allontanato dal pericolo destinandolo a una sede lontana. Dal 1946 al 1957 ebbe come cooperatore un giovane prete di grande sintonia spirituale, don Guido Galeazzo.

 

La svolta nella vita di don Antonio avvenne quando nell’estate del 1955 curò la parte spirituale di un corso di formazione delle Acli guidato da Nella Berto, che in quel momento si occupava particolarmente delle domestiche che, arrivate all’età della pensione, si trovavano sole e abbandonate. Con Nella Berto già l’anno successivo dava così avvio, in un terreno adiacente agli ambienti parrocchiali, alla prima casa Villa San Giuseppe, che diede ospitalità a diciotto domestiche anziane. Era l'inizio di quella che sarebbe stata l’Opera Immacolata Concezione (Oic).

Nel 1961 rinunciò al compito di parroco per dedicarsi completamente a questa nuova attività, accompagnato dalla dedizione e competenza della Berto, con la benedizione del vescovo Bortignon, ma senza alcun impegno da parte della diocesi. Oggi l’Oic si sviluppa in nove centri nel Veneto, con circa 2200 ospiti e circa 1400 dipendenti. Il suo cofondatore, che nel 1981 aveva ricevuto oltre agli innumerevoli riconoscimenti civili il titolo di monsignore cappellano del papa, restò presidente emerito dell’Opera quando lasciò al professor Angelo Ferro il compito di condurla a nuove frontiere.

La celebrazione eucaristica di ringraziamento, suffragio e congedo è stata presieduta dall’arcivescovo mons. Antonio Mattiazzo sabato 16 gennaio alle 10 nella chiesa dell’Oic in via Nazareth (e trasmessa in contemporanea nella nostra chiesa di San Camillo).

per gentile concessione

della Difesa del Popolo

 

 

 

torna all'indice - Vita Nostra marzo 2010 - anno 5 numero 1