L’angolo dei Giovani. Una domenica tutta nuova:
ALLA SCOPERTA DELLA SPIRITUALITA’ BENEDETTINA

“Mattina, non troppo presto, non troppo tardi. Il luogo? Un ambiente raccolto, silenzioso, sulla cima di un colle che scruta l'intera pianura dall'alto. Giusto giusto qualche pio devoto sul ciglio della strada, che sale alla chiesetta per la Messa o per pregare. E come dimenticare gli sportivi? Eh sì, perché ci sono anche loro. Non sono molti, parliamoci chiaro. Ma del resto, chi volete che ci sia? Svegliarsi presto la domenica per andare a correre nel freddo, in mezzo alla nebbia e in salita? Diciamocela tutta: non è proprio il massimo. Meglio starsene a letto!”.

Potrebbe iniziare così la nostra storia. Una storia che parla di un gruppo di ragazzi che, seppure pieni di impegni, di cose da fare, di studio, decidono comunque di passare un po' di tempo insieme. Per fare cosa? Vi domanderete. Per stare in compagnia, soprattutto, e per “mettersi in gioco” (questo il nostro motto), ovvero per avere l'occasione di confrontarsi e di discutere quegli aspetti della nostra fede o religione che proprio non riusciamo a comprendere o di cui siamo incuriositi.

Questo è quello che abbiamo fatto, domenica 16 dicembre 2012, noi del Gruppo Giovani di questa parrocchia. Ecco il diario della nostra avventura.

Verso le 8:30 siamo partiti da San Camillo per una destinazione ignota, che solo il don (p. Paolo) e gli organizzatori dell'evento (Riccardo e Franz) conoscevano: siamo andati a fare visita al monastero di San Daniele, casa delle monache benedettine, appena fuori Abano Terme.

Appena arrivati sul posto, ciò che colpiva più di tutto era sicuramente il silenzio; un silenzio che, a dire il vero, potremmo definire tanto “pacifico” quanto “inquietante”.

Entrati nel monastero, siamo stati accolti nell'ala della foresteria e qui, dopo aver messo giù gli zaini, abbiamo avuto tempo di terminare il lavoro iniziato nella serata inaugurale del gruppo, il tutto mentre le monache terminavano la loro messa quotidiana.

Finita quest'ultima, abbiamo potuto vivere il momento clou della giornata: abbiamo avuto l'occasione di ascoltare la storia-testimonianza di una monaca benedettina di clausura.

Per alcuni di noi non era certo la prima volta che si viveva un'esperienza forte come quella, ma per altri, invece, lo sguardo attento e gli occhi costantemente fissi sulla religiosa che parlava dicevano proprio il contrario.

La monaca ci ha parlato della sua giovinezza, triste e senza controllo, delle sue esperienze con la droga e non solo; ci ha parlato della completa consapevolezza del suo stato di deriva, della sua necessità di aiuto. Certo, trovare un aiuto ad Assisi dai francescani e poi in un convento di monache benedettine di Abano non è proprio quello che si sarebbe aspettata dalla vita. Un segno, quasi a farci capire quanto siamo fragili e quanto una fede può cambiare tutte le prospettive di vita, tutti i tuoi progetti, in particolare proprio quando di fede non te ne importa più nulla.

Dopo l’incontro non potevamo fermarci qui, non potevamo interrompere tutto e andare avanti con la nostra giornata, cambiando completamente capitolo: la testimonianza era stata così forte, così rilevante, così... nuova! Noi tutti avevamo bisogno di pensarci su, di riflettere su quelle parole, di capire se anche in noi si poteva riconoscere qualche tratto di una vita caotica, confusionale, problematica e senza fede, proprio come quella appena ascoltata. Ecco che allora ci hanno consegnato alcuni testi per riflettere: parole che parlavano di concetti forti che spesso trascuriamo perché “poco redditizi”. Si parlava del silenzio, della sua necessità per poter fermarsi un attimo e pensare alla propria vita e al proprio rapporto con Dio; si parlava di “amore di Dio” quale amore gratuito e libero, che ognuno di noi può scegliere di accettare o meno; si parlava di “fermarsi”, quale gesto per poter riprendere il controllo di sé evitando così di essere travolti dalla società di oggi che, con il suo caos, ti costringe a svolgere sempre i tuoi soliti gesti quotidiani, senza lasciarti il tempo di pensare a ciò che tu vuoi veramente.

Ragionato quindi su tutto questo, e arrivata l’ora di pranzo, abbiamo fatto un break, tra cibo e risate, tra foto e scambio di curiosità. Del resto lo avevo accennato poco fa: il primo obiettivo di questo gruppo è quello di stare insieme e in compagnia! Da qui in poi, la giornata è volta verso il termine, con gli ultimi due grandi appuntamenti: prima di tutto la Messa, celebrata in una cappellina molto graziosa, lasciataci a disposizione dalle monache, poi la visita all’abbazia di Praglia.

Nel contesto dell’uscita, infatti, non volevamo perderci l’occasione di unire la testimonianza, la riflessione, la condivisione, l’allegria e la liturgia appena vissute con la cultura e “l’esplorazione”: eravamo a soli 5 Km da uno dei luoghi più belli della religiosità veneta: come perderselo?

Ecco che allora, prese le macchine e accesi i motori, abbiamo lasciato il monastero in direzione Praglia. Qui, di corsa perché in ritardo (strano!!), siamo riusciti a inserirci nell’ultimo turno di visite guidate della giornata e a visitare quindi l’interno del monastero benedettino. Personalmente, la cosa che mi ha stupito più di tutto è stato il refettorio antico: non tanto per le sue dimensioni e la sua bellezza, quanto per il racconto, da parte del monaco-guida, del momento del pasto: per volere di San Benedetto (con la sua regola) ai monaci è fatto divieto assoluto di parlare!!! Una cosa incredibile, che noi giovani forse non riusciamo neanche a concepire. Aspetto, tutto questo, che da una parte ti fa pensare: “proprio matti sti qua!”, ma dall’altra ti porta anche ad avere grande stima di loro per quanto la loro fede sia così forte, per quanto il loro credo li spinga a vivere una vita e così radicale e così diversa rispetto alla nostra. Forse una vita anche migliore ...

 

Riccardo Fusar

 

 

Il momento di riflessione personale

 


 

Messa nella cappellina del monastero  

 

 

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