I camilliani cappellani a Padova:
RISPOSTE SEMPRE NUOVE Al BISOGNI DEL MALATO

Riassumere in pochi tratti la storia della presenza camilliana nei luoghi di cura della città patavina è cosa assai ardua, anche perché si tratta di andare indietro di secoli. La sua cronaca è conservata in ben 13 volumi. Ne proponiamo qualche passaggio.

Una prima presenza dei Camilliani a Padova si registra già a metà del Settecento, ma ebbe durata breve, poco più di due anni, dal 1747 al 1749. Vi fu poi una seconda occasione, il 30 agosto 1846, quando alcuni religiosi presero servizio presso il Ricovero della città e questa volta vi rimasero fino al 1873. Oltre al Ricovero, i religiosi avevano il compito di officiare e curare l'annessa chiesetta di S. Anna, che dava il nome al nosocomio.

Lavoro ce n'era per tutti: l'occupazione era tale - annotano le cronache - che «rimaneva appena il tempo di celebrare messa e di recitare l'ufficio divino». Assentarsi per vacanza non era consentito. Nelle cronache si narrano esempi di vero e proprio eroismo della carità: come nel giugno 1855 quando scoppiò il colera che mieté molte vittime. Nessuno dei religiosi si sottrasse all’emergenza. Tre morirono a causa del morbo (oggi si potrebbero chiamare "martiri di carità".

Le cose cambiarono nel 1866, quando fu estesa anche al Veneto la legge di soppressione delle Congregazioni religiose. A Padova, finché il Ricovero rimase affidato alla vecchia Commissione di pubblica beneficenza, la comunità camilliana poté sussistere. Ma il 10 ottobre 1873 il nuovo Consiglio di amministrazione notificò al «Sig. Abate Giuseppe  Sommavilla  Ispettore interno» l'ordine perentorio dello sfratto, che doveva essere eseguito entro il 31 dicembre, irrevocabilmente. Nessuno venne in soccorso dei Camilliani per salvarli e trattenerli a Padova. Alla fine del 1873, con le loro masserizie, dovettero abbandonare la città.

Per la terza volta a Padova

L'auspicato ritorno dei Camilliani -dopo le due precedenti presenze - fu reso possibile per condiscendenza del vescovo Giuseppe Callegari (poi cardinale): questa volta però non nel Ricovero o altro Pio Luogo minore, ma nello stesso Ospedale Civile.

Nella seduta del primo maggio 1900, il Consiglio di amministrazione dell'Ospedale accettava la proposta della presenza di due cappellani; il 26 maggio la Curia vescovile notificava ai Camilliani l'avvenuta accettazione.

Nel primo trentennio la comunità era composta da tre religiosi. Fra tutti merita di essere ricordato padre Arcangelo Stella che ne fece parte, a più riprese, per vent'anni, e fu anche il primo camilliano che morì in ospedale, il 12 marzo 1929, fra l'unanime compianto di religiosi, malati, infermieri e amministratori, per la bontà, pazienza e tratto di carattere. In questi anni lo zelo dei cappellani per le funzioni religiose e la salute spirituale degli infermi fu intenso e di tipo sacramentale.

Del resto i religiosi venivano educati da sempre ad un ideale che era precipuamente quello della salvezza delle anime loro affidate. Eccoli perciò solerti nella visita quotidiana agli infermi, attenti a scoprire i malati più gravi, pronti a suggerire loro i rimedi e i conforti della religione, solleciti alle chiamate - anche nel cuore della notte - anche dopo che il malato aveva già ricevuto i sacramenti durante il giorno, anzi essi stessi preoccupati di farsi chiamare dal personale infermieristico. Natale e Pasqua sono occasioni di grande impegno per preparare i malati ai sacramenti della confessione e comunione. Oltre a queste, la solennità più reclamizzata è quella del Fondatore San Camillo, patrono dei malati, degli operatori sanitari e degli ospedali. Per i cappellani il successo della festa è la prova tangibile dell'importanza della loro presenza.

Col passar degli anni...

Via via i religiosi della comunità aumentano per l'assunzione di nuovi servizi, realizzati con nuove costruzioni: il sanatorio Vittorio Emanuele, i padiglioni "di monte", le cliniche di Ortopedia e Ostetricia, gli infortuni a S. Massimo, Nel 1934 viene stipendiato un quarto cappellano e - in misura minore - un "religioso fratello" per il servizio.

Alla vigilia della seconda guerra mondiale la comunità è composta da sei religiosi, sette dopo la guerra e otto nel 1951. In quell'anno, però, il numero dei religiosi comprende anche un ospite, padre Aldo Antonelli, che è soprattutto impegnato a completare lo studio della medicina per poi ritornare in missione. Padre Antonelli è tra i fondatori e primo assistente spirituale della Unione Italiana Medico Missionaria. Durante i quattro anni della sua permanenza a Padova (novembre 1950 - aprile 1955) ha lasciato un grande ricordo presso confratelli e medici. La sua presenza fece scuola: dopo di lui altri religiosi furono ospiti della comunità, non solo per conseguire la laurea in medicina, ma anche per frequentare altre facoltà.

Ai nostri giorni

In questi ultimi anni l'Ospedale ha visto trasformazioni e nuove costruzioni edilizie (il Cto, il Policlinico e il Monoblocco), evoluzioni di mentalità, riforme sanitarie, concentrazione di enti, riorganizzazione dell'azienda ospedaliera, e non si sa quando sarà finita.

Tutti cambiamenti esterni, ai quali si è accompagnata pure una trasformazione della comunità e dei singoli cappellani. Il cappellano del Duemila deve essere in grado di avvicinare il variegato mondo che ruota attorno all'ospedale, i malati in primo luogo, ma anche quanti sono a servizio dei malati: personale sanitario, amministrativo, ausiliari, simpatizzanti, volontari. Non c'è ambito più importante di quello della salute. Non c'è nessun tempo che tocca così profondamente l'uomo come quello del dolore.

p. Giuseppe Lechthaler

(articolo e foto tratti da Missione Salute)

 

L’Ospedale Civile di Padova

 


La comunità dei padri camilliani di Padova
 

 

torna all'indice - Vita Nostra giugno 2013 - anno 8 numero 2