Testimonianze
COME HO VISSUTO IL CONCILIO

(Nota di redazione: nel 1965, 50 anni fa, si chiudeva il Concilio Vaticano II)

Mi si chiede di raccontare come ho vissuto il Concilio negli anni in cui questo si svolgeva e cerco di farlo parlando dell’esperienza mia e di Luisetta (Luisa Benussi, che dal 25 aprile 2013 vive nella casa del Padre) all’inizio degli anni ’60, quando eravamo circa trentenni. Sono stati per noi un periodo di cambiamenti e di nuove impegnative esperienze di vita: la vita di coppia, il primo figlio e anche l’abitare in una diversa città, in un nuovo ambiente di conoscenze e di amicizie.

 L’esperienza degli anni ‘50 nella FUCI a Vicenza, ci suggerì di aderire subito al gruppo padovano dei Laureati Cattolici, dove incontrammo alcuni amici già ben noti e altri imparammo a conoscerli: con loro si rifletteva sulla situazione della Chiesa locale ma anche della Chiesa in generale, alternando considerazioni preoccupate a prospettive di cambiamento e a speranze suggerite dal nuovo Concilio annunciato ma ancora tutto da attuare e capire.

Le nostre prime partecipazioni agli incontri dei Laureati furono occasione per conoscere persone che successivamente divennero importanti nella nostra vita, e desidero ricordarne alcune: don Alfredo Battisti (futuro Vescovo di Udine), padre Pelagio Visentin, benedettino di Praglia e già ben noto teologo e liturgista, Paolo Sambin e Bruna Carazzolo, personaggi importanti nell’attività dei cattolici italiani.

Da alcuni anni padre Pelagio andava presentando ai Laureati cattolici di Padova una serie di conferenze riguardanti la Messa, il Dies Dominicus e i Sacramenti. Particolarmente importante per noi, che avevamo partecipato in modo tradizionale al battesimo del primo figlio, fu apprendere che il sacramento del Battesimo va capito alla luce di tutto il divino piano di salvezza che culmina nel mistero della Pasqua. Il battesimo rappresenta l’azione divina, sovrana e gratuita che previene l’uomo (questo è ancora più evidente in un bambino neonato che riceve il battesimo) e che lo rende responsabile attivo della salvezza propria e anche delle persone che gli vivono accanto. Il battesimo è il motivo della “corresponsabilità dei laici” in una Chiesa non intesa come gerarchia ma come “popolo di Dio”. E padre Pelagio ci confidava di incontrare difficoltà e rifiuti quando aveva occasione di esporre questi pensieri a riunioni di Vescovi e Preti.

Con alcuni amici dei Laureati cattolici e con don Alfredo presto avviammo una serie di incontri di spiritualità coniugale, riflettendo sulle esperienze vissute e sulle esperienze di vita in comune, di preghiera, di intimità.

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Nell’ottobre 1962 iniziò il Concilio Vaticano 2° del quale fornivano quotidiane informazioni la Radio (non avevamo un televisore) e soprattutto il quotidiano “Avvenire d’Italia”, che seguiva sistematicamente i lavori conciliari.

Non posso dire che subito dedicammo un’assidua attenzione al Concilio, presi come eravamo nella cura particolarmente delicata per il primo figlio, e per l’arrivo di un secondo bambino. Inoltre per me quello era momento di impegno scientifico particolarmente pressante, per non perdere le prime occasioni di presentare pubblicazioni in Italia e ad un Congresso internazionale.

Forse nel 1962, più che al Concilio dedicammo attenzione alla crisi dei missili sovietici a Cuba e nel 1963 alla sorprendente enciclica “Pacem in terris”.

Nella comunità parrocchiale di San Camillo, in cui nel frattempo ci eravamo inseriti, del Concilio talvolta si parlava almeno con alcuni parrocchiani culturalmente più aperti. Ma qualcosa dello spirito del Concilio cominciava a essere avvertito, tanto che ci sorprese, per esempio, come il Parroco, padre Mariani (nella foto - camilliano simpatico e aperto, esperto soprattutto di assistenza religiosa ad ammalati anziani e non autosufficienti) volle conoscerci e preparare con noi il Battesimo del nostro secondo bambino, così che la celebrazione risultò arricchita da diversi gesti significativi che arrivarono a coinvolgere non solo familiari ed amici, ma anche buona parte della comunità parrocchiale.

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L’attenzione e l’impegno a conoscere il Concilio per noi e per molti altri amici del gruppo Laureati Cattolici vennero promossi nelle riunioni animate da don Luigi Sartori, giovane e appassionato teologo e “perito” conciliare incaricato dei non facili rapporti con la stampa. Don Luigi raccontava le fresche primizie dei lavori conciliari; come quando ci annunciò: “Stanno discutendo lo “Schema 13”, quello che, una volta approvato, divenne la costituzione “Gaudium et Spes”.

 

 

 

Il ricordo più vivo, anche per le ricadute sulle nostre scelte personali e familiari, è il corso svolto da don Luigi sulla “Lumen Gentium”, cui partecipavano anche dei giovani sacerdoti freschi di studi teologici, con alcuni dei quali avviammo una sincera amicizia che ancor’oggi continua.

La prima scoperta che maturammo accostandoci alla costituzione fu quella della chiesa locale; il testo, definito da don Luigi “una piccola perla”, dice che la chiesa di Cristo è veramente presente nelle legittime comunità locali dei fedeli aderenti ai loro pastori, sebbene piccole, povere, disperse. Allora è la nostra parrocchia il luogo dove la fede si incarna nella vita, il luogo dove le persone si incontrano, si annunciano e testimoniano il Vangelo e celebrano ciò che vivono. È l’inizio del nostro inserimento in parrocchia, tra entusiasmo e consapevolezza delle nostre fragilità.

Il passo successivo fu la scoperta della dignità dei laici: “Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali … nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale”. Allora tocca a noi – ci fece capire don Luigi – fare in modo che lo stile di “incarnazione” della comunità sia presente in tutti i suoi momenti, affinché l’annuncio illumini e interpreti la vita, la celebrazione assuma la vita e ad essa ritorni, la carità entri in tutte le situazioni e le vicende del territorio!

Nelle sue lezioni, don Luigi ci fece conoscere con particolare calore la sua passione e il suo impegno per l’unità dei cristiani, sottolineando che a questo riguardo la svolta – la rivoluzione copernicana – è il n° 8 della Lumen Gentium; non più l’unica vera chiesa “è la chiesa romana” ma “c’è nella chiesa romana”. Anche “fuori” esistono frammenti di verità e tendenze verso l’unità, e la storia mostra segni di un cammino comune verso la pienezza.

Don Luigi trasmise passione e impegno per l’ecumenismo a molti di noi, in particolare a Luisetta che cominciò a studiare e scrivere su questo tema, divenne membro della specifica Commissione diocesana e poi avviò con alcuni amici un gruppo cittadino di studio sull’ecumenismo.

La riflessione di don Luigi sul ruolo dei laici nella chiesa e nel mondo si approfondì nello studio della “Gaudium et Spes”, con speciale attenzione all’autonomia delle realtà terrene, al primato della coscienza, ai segni dei tempi. Spetta a noi laici la mediazione tra perennità dell’annuncio e provvisorietà della storia, con le conseguenti responsabilità che siamo chiamati ad assumerci.

Negli anni del Concilio la partecipazione al gruppo dei Laureati cattolici fu per noi occasione di arricchimento spirituale e culturale e sollecitazione ad impegnarci nella chiesa in vari ambiti e forme.

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Così mi accadde di partecipare, nella Parrocchia di S. Camillo, alle prime forme di Consiglio parrocchiale e a incontri intesi a promuovere la partecipazione attiva dei laici almeno alle Messe celebrate nelle principali festività dell’anno liturgico.

Luisetta divenne ben presto catechista e guida di altre catechiste della nostra parrocchia, proprio nel tempo in cui i nostri bambini   - per provvidenziale coincidenza - percorrevano l’itinerario dell’iniziazione cristiana, e quando vennero pubblicati i nuovi “catechismi per la vita”, primi frutti del rinnovamento conciliare.

 Nei primi anni ’70, richiesta di narrare la sua esperienza di catechesi dei bambini, Luisetta ha scritto alcune pagine; oggi a me piace proporne la parte iniziale che descrive una sua particolare esperienza di vita durante il Concilio.

“L’occasione concreta è venuta dalla prima Confessione del nostro primo figlio che potremmo chiamare primo scontro con la realtà! Mentre dentro di noi risuonava la lezione del Concilio, ripresa anche da libri e riviste, ci siamo scontrati con una forma di far catechismo del tutto tradizionale, condotta in modo scolastico e meno felice, ridotta a un apprendimento a memoria di formule, domandine, voto, ecc. A queste condizioni, come avrebbe potuto il lieto annuncio, così cristallizzato, entrare nella vita concreta del nostro bambino, che già conosceva le prime ribellioni, i primi rifiuti, le prime chiusure?”.

 Le successive parti del lungo articolo di Luisetta trattano della catechesi del perdono in famiglia, dei genitori primi maestri della fede, della famiglia immagine della Chiesa, della catechesi familiare in preparazione ai Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Tutti temi che oggi sono patrimonio della nostra parrocchia.

Gaetano Malesani

 

 

 

 

 

 

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