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L'ESPERIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO NEI PRANZI DOMENICALI

Ma chissà chi sono, chissà come sono, come saranno questi stranieri! Certo ce lo chiediamo in molti, ma nella nostra parrocchia, a dire il vero, sono già venuti, più volte... In questo articolo ce lo raccontano.                                                       

(nota di redazione)

Il servizio dei pranzi domenicali è sempre fonte di belle ed inattese esperienze. Una di queste è la possibilità di avere, tra i volontari che fanno servizio, alcuni ragazzi richiedenti asilo.

La proposta di intraprendere un percorso di relazione con loro è venuta dal responsabile di una cooperativa situata nei pressi della parrocchia del Crocifisso, durante una riunione di coordinamento.

Il responsabile è stato molto chiaro, ci ha presentato bene la realtà che vivono queste persone e l’importanza che ha per loro fare un percorso d’integrazione rendendosi utili per la città.

Tutti abbiamo accettato di buon grado questa novità!

Da allora, quasi regolarmente, abbiamo due o tre richiedenti asilo ad ogni prima domenica del mese. E in tutte queste domeniche, nelle parrocchie della città, l’esperienza è stata intensa e gratificante.

Dopo alcuni mesi ci è stato chiesto di instaurare un contatto personale con i ragazzi. Questo per me ha avuto un significato forte e bello. Da marzo abbiamo stabilmente Baboucarr e qualche suo amico, come Omar e Ibrahim, tra i nostri volontari.

Di seguito le esperienze di Luca e Ettore, due volontari.

 

Luca. Il nostro gruppo ha avuto il privilegio di “tenere a battesimo” l’aiuto offerto da due richiedenti asilo, ospiti presso una struttura padovana.

Le molte – troppe – iniziali perplessità sul come avremmo “impiegato” queste inaspettate risorse si sono subito dissolte alle presentazioni, trovandoci davanti due ragazzi cordiali e ben disposti ad aiutare in qualsiasi modo, anche a dispetto delle difficoltà di comunicazione.

Chi di noi masticava un po’ di inglese, durante i preparativi, ha potuto apprendere dalle loro voci le testimonianze “vissute” di quanto leggiamo quotidianamente dai giornali. Quello che personalmente mi ha colpito di più, condiviso anche da altri, è stata l’estrema dignità ed apertura al dialogo di questi due giovani, con una buona cultura e bei modi di fare.

Durante il pranzo, poi, ci hanno seguito con convinzione ed attenzione nella distribuzione dei piatti agli ospiti consapevoli di questa nuova opportunità di aiutare quanti, come loro, si trovano in situazioni di difficoltà. Certo, non sono mancate le “occhiate” ed i commenti fuori luogo sussurrati da qualche ospite.

Insomma, nel “mare magnum” della totale disinformazione offerta dai nostri media, è stata un’esperienza che ricordo con particolare piacere ed interesse. La complessità del fenomeno della migrazione di massa, le problematiche – reali o strumentalizzate - delle migliaia di profughi ed esuli, per qualche ora hanno lasciato il posto all’ospitalità ed al servizio ai più bisognosi, nel reciproco rispetto. Un caso? Una singola esperienza? Per molti, forse …

Preferiamo invece pensare di aver ricevuto un grande dono, e di aver contribuito, in piccolissima parte, a rafforzare nella nostra comunità l’accoglienza, la solidarietà e la comprensione; unica risposta - cristiana  - alla cultura del sospetto, dell’ostilità, della paura nel diverso da noi.

 

Ettore. Abbiamo incontrato Baboucarr durante un pranzo domenicale. Chiacchierava amabilmente in un ottimo inglese, lui e i suoi due compagni sembravano studenti in viaggio d’istruzione. Difficile pensare che questi giovani uomini abbiano sopportato sofferenze indicibili e rischiato la pelle per venire fin qui. Ci fa bene capire che dietro le immagini lontane trasmesse in televisione ci sono persone vere, che hanno lasciato tutto per un futuro incerto.

Cosa vorrebbe dire essere al loro posto? Avremmo lo stesso coraggio? Che merito speciale abbiamo noi per essere nati qui? Certo che hanno trovato tempi difficili per venire: crisi economica, fili spinati, paura del terrorismo … Preghiamo allora che Dio ci dia il coraggio, l’immaginazione, l'equilibrio, e tanto cuore per progettare tutti insieme l’Europa che davvero vogliamo per i nostri figli.

Concludo con la mia personale esperienza. La prima volta che ho conosciuto Baboucarr e Omar è stato al turno del nostro gruppo, con una bella squadra di “giovani” che mi avrebbe aiutato a parlare inglese e a far sentire a loro agio questi nuovi amici. C’erano infatti Mattia e le mie figlie, Chiara e Francesca, a dare il benvenuto a Baboucar e Omar (ndr: vedi foto). Che belli! Con occhi attenti e vivaci e un inglese “da paura”. La domenica è volata tra vivaci chiacchiere con gli ospiti, un bell’affiatamento tra volontari, un po’ di fatica fisica, ma anche gioco. Nel pomeriggio Omar e Baboucarr non si stancavano di giocare a canestro con Chiara, Francesca e Mattia. Stesse età, ma che vite diverse! Vederli così felici e rilassati mi ha fatto comprendere come i ragazzi hanno desideri comuni: libertà, voglia di stare insieme e di comunicare. Il loro percorso, però, non è facile. Hanno già fatto tantissima strada: dal Gambia (dove c’è una dittatura) al deserto del Sahara, alla Libia (per almeno quattro mesi bloccati nella città di Sahba), il terribile attraversamento del Mediterraneo in barcone, stipati fino all’arrivo a Lampedusa. Sentirselo raccontare di persona, assicuro, mette i brividi! Vederli per quel pomeriggio tornare quasi bambini mi ha fatto allargare il cuore! Con Baboucarr ci sentiamo regolarmente; è molto intelligente e sensibile, tanto che, la prima volta che è arrivato a San Camillo era deluso perché, chiedendo indicazioni vicino alla nostra chiesa, era stato allontanato in malo modo. Con questi ragazzi non si può fingere buonismo: bisogna essere autentici, nessuna maschera di buon cristiano può reggere il loro sguardo che chiede il perché sono spesso trattati come scarti. La dignità che dobbiamo riconoscere loro, come ai nostri ospiti, è il messaggio più importante che ho imparato e che coltivo in queste nuove amicizie.

Daniela Longato Cecchin

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torna all'indice - Vita Nostra dicembre 2015 - anno 10 numero 3