Spazio (ai) Giovani

L'intervento dei giovani al Consiglio Pastorale Parrocchiale
UN OCCHIALE CON TRE LENTI

Persone diverse possono vivere lo stesso evento in maniera diversa. Possono avere idee diverse di uno stesso pensiero e punti di vista differenti di una stessa situazione. Ecco a voi il punto di vista di due giovani e un adulto riguardo l’intervento fatto in Consiglio Pastorale sul tema dei giovani della parrocchia. Possiamo immaginare questi tre punti di vista come tre lenti: ciascuna mette in evidenza un aspetto diverso.

Lo schema rappresenta i percorsi e i gruppi dell’ambito formativo/educativo attualmente attivi in parrocchia.

A questi si aggiunge la proposta del Percorso Giovani, attualmente in costruzione

 Prima lente

 

La riunione del consiglio pastorale sul tema dei giovani in parrocchia, tenuta il 6 maggio scorso, è un primo grande segnale dato dal consiglio pastorale recentemente insediatosi. Già a marzo il consiglio si era messo in gioco, con un lavoro a gruppi proposto dalle consigliere più giovani, su alcune provocazioni legate alla vita dei giovani nella nostra comunità.

Dopo l’infruttuosa ricerca di un dialogo con il consiglio pastorale precedente, finalmente l’argomento ha acquisito una centralità.

Qualcuno potrà dire che i giovani sono solo una delle tante fasce d’età all’interno della parrocchia, oltretutto in minoranza rispetto agli anziani, agli adulti e ai bambini. Perché allora è così importante focalizzarsi su questo gruppo?

 

Perché attualmente i giovani (fascia di età 18-30) ricoprono ruoli essenziali per quanto riguarda la formazione e la crescita educativa di bambini e ragazzi attraverso vari gruppi:

· Gruppo Scout - Branco (8-11/12 anni)

· Gruppo Azione Cattolica Ragazzi (ACR) (6-12/13 anni)

· Gruppo Scout  - Reparto (11/12-16 anni)

· Gruppi Giovanissimi (Azione Cattolica) (14-18/19 anni)

· Gruppo Scout – Noviziato e Clan (17-21/22 anni).

A questi gruppi è stata data per molti anni totale autonomia, non solo sul percorso e le tematiche annuali, ma soprattutto sull’organizzazione interna, la ricerca e la formazione di nuovi educatori. Questo non è problematico se i numeri a livello di educatori e di ragazzi che partecipano alle attività è consistente. Diventa un problema se la partecipazione è poca, non si trovano nuove forze dal lato educativo e, soprattutto, se la presenza delle proposte per bambini e ragazzi è data sempre per scontata.

L’equipe educatori legati all’Azione Cattolica (ACR e Gruppi Giovanissimi) aveva già lanciato un segnale d’allarme al precedente consiglio pastorale, sostenendo la necessità di un percorso educativo che accompagnasse, in maniera più organica, i ragazzi della parrocchia dalla fine dell’iniziazione cristiana fino all’università, al quale aggiungere percorsi strutturali per diventare animatori e educatori.

La proposta, allora presa con fredda cautela, è stata rilanciata ora in modo ancora più forte a causa della situazione emergenziale data, non solo dalla scarsa presenza di ragazzi, ma soprattutto di educatori a causa dell’eccessivo carico sui pochi giovani disponibili.

Il rischio è quello che le proposte dell’Azione Cattolica in parrocchia spariscano definitivamente.

 

A questo si aggiunge uno svuotamento complessivo della parrocchia riguardo il numero di giovani. Certo, alcuni si trovano lontani per motivi di studio e lavoro, ma c’è una grossa fetta di giovani, una volta attivissimi, che hanno abbandonato, sopraffatti dagli impegni che proprio le attività in parrocchia richiedevano, oppure alla ricerca di percorsi e spazi a loro dedicati.

 

Al consiglio pastorale Federico ed io abbiamo illustrato non solo le realtà dei vari gruppi operanti nel settore formazione/educazione ma anche alcuni punti cardine sui quali lavorare insieme:

· un maggiore coordinamento tra tutti i gruppi del settore: iniziazione cristiana, Azione Cattolica e gruppo Scout;

· una sensibilizzazione maggiore della comunità parrocchiale sull’importanza delle proposte formative e educative, perché il cammino per le nuove generazioni non può fermarsi ipocritamente alla cresima;

· la creazione di nuovi canali volti alla formazione dei nuovi educatori, nei quali possa convergere anche una parte del nutrito gruppo di animatori del GrEst;

· la proposta di un percorso per i giovani (dalla 4ª superiore in poi) volto non solo a creare spazi conviviali e aggregativi in parrocchia ma anche dedicato al confronto e all’approfondimento spirituale.

Riguardo a questo percorso, un primo passo è stato fatto il 12 maggio con un grande pranzo dedicato a tutti i giovani. Su questo tema è attualmente al lavoro una task force, formata da educatori e adulti, che sta delineando un progetto più strutturale che inizierà ad ottobre.

 

La necessità di “passare all’azione”, per evitare la dispersione dei giovani e la fine di alcune proposte di crescita come l’ACR o i Gruppi Giovanissimi, è data dal rischio di perdere un ingranaggio importantissimo per la nostra parrocchia. Perché vorrebbe dire, un domani, una carenza di giovani famiglie e di adulti impegnati in altre attività che costituiscono la vita della nostra comunità.

Investire oggi tempo ed energie su un progetto per far crescere e formare i parrocchiani di domani significa dare un futuro alla parrocchia.

Chiara Cecchin

Seconda lente

 

Come dice il titolo, io e Chiara, a nome di alcuni giovani della parrocchia abbiamo chiesto di intervenire al Consiglio Pastorale. Avevamo delle cose precise da dire e la riunione è stata indetta appunto per noi, per lasciarci parlare. Una grande soddisfazione devo dire: siamo stati ascoltati e abbiamo ricevuto molte domande, osservazioni, proposte e suggerimenti. Sono stato davvero contento, perché ci hanno dato spazio e ci hanno prestato attenzione.

Che cosa siamo andati a dire?

In estrema sintesi che a noi giovani non viene dato spazio né attenzione.

 

Illogico. Irrealistico. Incongruente. Paradossale. Persino buffo, vi verrà da dire.

Ma è proprio qui l’inghippo. Viene dato spazio ed attenzione sì, ma solo ai giovani che li chiedono o se li prendono. “Ma si è sempre fatto così”.

Certo, ma ad oggi non sono più tanti questi giovani altamente motivati che si prendono un impegno in parrocchia, che è un servizio sì, ma che è anche una responsabilità. Non sono più tanti i giovani che hanno una fede così forte da accompagnare  e  da  non  dover  essere più accompagnati o da cercarsi da soli dei percorsi di crescita e di spiritualità.

All’Iniziazione Cristiana ci pensano gli adulti, ma dopo?

Ci sono altri e diversi percorsi per i piccoli, che vanno dal branco scout, all’esperienza dell’ACR, e via via crescendo alla possibilità dei Gruppi Giovanissimi che, in parallelo con il reparto e il clan scout, si propongono di accompagnare i ragazzi fino alla fine delle superiori. Ma dopo?

Dopo basta! Se uno si sente pronto, affronta l’esperienza dell’essere educatore e altrimenti ci saluta. Ma se ci salutano tutti chi tiene poi i gruppi scout, i gruppi ACR, i gruppi Giovanissimi? Chi terrà poi un domani l’Iniziazione Cristiana?

 

Credere, penso io, non significa sapere con certezza, ma fidarsi (affidarsi) con dolcezza.

E la fiducia si scopre, si costruisce, si alimenta. Ma servono delle occasioni, servono delle esperienze, dei cammini e degli accompagnatori. Serve forse dare spazio senza che venga chiesto.

Questo è quello che abbiamo cercato di dire al Consiglio Pastorale e questo è quello che insieme a loro stiamo provando a progettare per quest’anno che viene. Perché ci siano delle occasioni in risposta alle domande, ma anche ai più disincantati silenzi. 

Federico Schievano

 

Terza Lente

 

Sulla scia del Sinodo dei giovani della Chiesa di Padova, sospinti dal vento dello Spirito, i giovani della nostra Parrocchia hanno cercato nei mesi scorsi di “leggere” la realtà giovanile locale e cercare così di costruire il futuro di questa realtà. E la prima cosa fondamentale, importante da sottolineare, è che questa lettura non l’hanno voluta fare da soli, “tra soli giovani”, ma hanno chiesto il supporto di alcuni adulti per poi condividere il quadro che ne è emerso con tutto il Consiglio Pastorale. E questo, oltre ad essere un grande segno di unità, diventa per tutta la parrocchia una presa di consapevolezza e di responsabilità verso la realtà giovanile della nostra comunità.

Il quadro che ne è emerso è di una realtà variegata e dinamica, con tanti gruppi ciascuno con una loro specificità: ci sono gli scout, i Giovanissimi dal 14 ai 18 anni, i giovani dai 18 anni in su, il gruppo educatori dell’ACR e dei Giovanissimi, il gruppo degli animatori e aiuto animatori del GrEst.

In questo quadro variegato e dinamico è emerso che forse manca il coordinamento tra i gruppi, quell’intreccio tra le varie esperienze che possa poi portare ad un “progetto giovani”, un percorso che possa guidare un giovane dai 14 anni fino all’Università in un cammino personale umano e di fede che possa sfociare, per chi ne matura la sensibilità, in un servizio all’interno della Comunità.

È proprio su questo coordinamento tra i vari gruppi, volto a costruire un “progetto giovani”, che si stanno concentrando gli sforzi di giovani e adulti che hanno a cuore la realtà giovanile e quindi il futuro della nostra comunità parrocchiale. Un primo passo è stato il 12 maggio scorso quando in patronato è stato organizzato da alcuni genitori della parrocchia un pranzo dove sono stati invitati i giovani. “Dove sta la fregatura?” qualcuno degli invitati si chiedeva, convinti che dietro a questo invito ci fosse poi una proposta o una richiesta di impegno. Nessuna fregatura: l’obiettivo, poi raggiunto, era quello di dare un’occasione a giovani impegnati in vari ambiti di incontrarsi tra loro, di stare in compagnia per il semplice gusto di stare in compagnia e passare qualche ora assieme.

È stato un primo passo cui seguiranno ulteriori iniziative che si stanno mettendo in cantiere: state connessi per seguire gli sviluppi di questo progetto! 

Luca Pavan

 

Pranzo dei giovani del 12 maggio:

gli adulti volontari che hanno cucinato

 

 

 

pranzo dei giovani del 12 maggio 2019:

la sala mentre si riempie

 

 


Un’esperienza vicariale a Bivigliano

CAMPO ESTIVO DEL GRUPPO GIOVANISSIMI

Da questo campo, come educatore, mi porto a casa un ricordo spettacolare. Perché è spettacolare che venticinque persone per una settimana decidano di vivere assieme. Perché vuol dire mettere in gioco tutto sé stesso e trovare un equilibrio con tanti altri diversi da te, con desideri, personalità e modi di fare differenti. I ragazzi questo equilibrio lo hanno trovato presto. E c'è di più, perché ai campi ci sono anche le attività che noi educatori prepariamo per provocarli, per metterli alla prova, per farli confrontare su pensieri, idee ed esperienze. Non sempre le attività sono perfette, non sempre sono facili, non sempre sono quello che vorrebbero fare in quel momento. Lo sappiamo! Ma le hanno fatte lo stesso e ci hanno aiutato molto a realizzarle. E per ogni attività, per ogni momento e pensiero condiviso, ho visto crescere pian piano questo senso di fraternità e reciproca accoglienza che è forse l'essenza del campo.

Come persona, mi porto a casa la meraviglia di vedere e conoscere un po' di più l'intricato intreccio di storie e di emozioni che ciascuno di questi ragazzi è. Nel pieno della loro costruzione di sé, con l'irruenza e la determinazione dei loro desideri, con l'imprevedibilità e la durezza dei loro piccoli o grandi ostacoli. Sì, ho conosciuto dei ragazzi che stanno crescendo, ma sono cresciuto anche io con loro. Nel sorriso di un "buongiorno", nella risata di una battuta, nel racconto di una giornata impegnativa, e nella condivisione di un pensiero o una considerazione su di sé, che nasce da quella profondità preziosa che ci portiamo sempre dentro, ma che nascondiamo così bene alla vista di chi passa.

Ma questa è solo la conclusione della storia. Niente altro da dire? Sul percorso fatto, sulle attività e sui momenti vissuti durante il campo?

Oh sì, quante cose vi vorrei ancora raccontare! Della caccia al tesoro a Firenze. Su e giù per la città assolata alla ricerca di indizi, con prove da fare e selfie da mandare. Vi vorrei raccontare di quel frate mattacchione che ci ha accompagnato durante la visita al monastero di Montesenario. Di quando poi è tornato a trovarci e ci ha parlato per un’ora di tutto, ridendo come un matto e facendoci divertire a più non posso, saltando ora di qua ora di là per farsi dire il nome di qualcuno dei ragazzi da cui poi partire a raccontare un’altra storia.

Vi vorrei raccontare del gioco notturno e dei vampiri che popolavano il boschetto accanto alla casa. Della veglia alle stelle sul prato enorme di sera con una lucina, il libretto e il profumo dell’erba e il silenzio del vento. E ancora dei pranzi, delle cene, della nostra mitica cuoca, dei turni di servizio accompagnati dalla musica e delle risate.

Ma per ora temo che tutto questo ve lo dobbiate immaginare. Aspettate di potervelo far raccontare da chi ha toccato con mano questa esperienza, vivendo sulla sua pelle tutti questi eventi così popolati di pensieri ed emozioni che io qui, con poche parole, ho provato a raccontarvi.

Federico Schievano

 
 

Gruppo scout Agesci.
SONO TORNATI DAL JAMBOREE I NOSTRI DUE AMBASCIATORI

Intervista a Eleonora e Giovanni, ragazzi del nostro gruppo scout, ritornati dal 24° Jamboree, che si è svolto dal 22 luglio al 2 agosto in West Virginia (USA).

21 luglio ore 8.30. Aeroporto Marco Polo, Venezia, destinazione USA. È qui che è partita l’avventura. Cosa c’era nello zaino?

(E) Prima di partire ero super gasata, con un po’ di ansia, ma credo sia normale. Innanzitutto, ho dovuto comprare il cuscino gonfiabile, perché c’erano le brandine e non si dormiva per terra. Poi in realtà l’equipaggiamento era simile a un normale campo scout. (G) Beh, nel mio avevo un po’ di cose per le attività!

Un viaggio lungo: 9 ore di aereo, 8 ore di bus e poi finalmente eccoci qua, alla Bechtel Reserve (West Virginia). Com’era strutturata?

(G) Praticamente c’erano dei grandi sottocampi, dall’A all’F, in cui c’era almeno un reparto di ogni nazione. Ogni sottocampo a sua volta era diviso in 4 zone numerate. Noi eravamo nel B4. (E) Per spostarci o a piedi o con quei mitici bus dei film americani, gialli con i sedili blu a due posti. Ma noi andavamo sempre a piedi. Nel B4 c’erano una trentina di reparti. Devi immaginarti questo campo diviso in settori, in cui abbiamo piantato le tendine (da due) tutte in fila alle tre di notte quando siamo arrivati, svegliando i californiani vicino a noi. Vicino a noi c’erano anche i giappo. Con loro ci siamo scambiati i contatti.

In che modo?

Con il novus (e mi mostra un orologio senza lancette). Avvicinandolo ad un’altra persona, si illuminavano le tre lucette e ci si scambiava i contatti che avevi salvato prima della partenza in una specie di archivio online. Ora ho un sacco di contatti da tutto il mondo. Alle cerimonie importanti si illuminava di vari colori, eravamo in migliaia con tutti i novus: fantastico!

Passiamo al resto del campo. Canopy, skate, nuoto, arrampicata, il Cultural Day, il tendone del Global Development Village ... e molto altro. Quale ti è piaciuta di più?

Bellissimo era il Centro Mondial: un tendone per ogni paese, anche il Lussemburgo! Ma le attività che mi son piaciute di più (e concorda anche G) sono state quelle fatte alFaith&Believes: era un tendone di cultura interreligiosa. C’erano vari stand con la maggior parte delle religioni del mondo, potevi girare e fermarti allo stand dove ti spiegavano un po’ della religione e, ed è la cosa secondo me più bella, potevi fare un’attività per conoscerla meglio. Era strutturato molto bene, ed è stato molto interessante. Riguardo invece le attività sportive è stato entusiasmante il rafting, e ovviamente il Water Reality, una specie di percorso ad ostacoli nelle acque del lago. (G) Sono riuscito a fare la Big Zip, una sorta di teleferica lunga un chilometro. Ho sfiorato i 90 km/h!

Amicizie internazionali?

(E) C’erano soprattutto americani, in particolare dalla California, ma anche il contingente del Bangladesh era numeroso. C’erano quelli del Madagascar con le tappe fatte a mano, e i Brasiliani con un fazzolettone stragordo. In particolare ho fatto amicizia con dei ragazzi simpaticissimi dello Utah, che erano a un paio di tende da noi; ho legato con una dell’Egitto, che abbiamo scoperto che sapeva parlare italiano e cantava canzoni tipo “Fatti mandare dalla mamma”.

A proposito, c’era un californiano fan di Jovanotti! Ho imparato da quelli del Bangladesh un loro ballo tipico, ho conosciuto uno della Tunisia che aveva la mamma italiana, e un ragazzo di un paese dell’Africa dal nome difficile che ora non mi ricordo. Parlava francese. Mi sto scrivendo ancora con alcuni su Instagram, tipo con una brasiliana con cui abbiamo fatto scambio di maglietta di contingente. (G) Ho legato con un ragazzo dell’Ecuador, Gabriel, che si era perso nel nostro sottocampo di notte e l’ho guidato al suo. Poi c’è Chuck, un ragazzo dell’Alaska, che mi ha spiegato un sacco di cose sull’America.

Un’immagine che ti porti via con te dal Jamboree tra le tante?

(E) Una sera eravamo a giocare a carte con quelli dello Utah e verso le 10, visto che erano tutti mormoni, facevano l’ammaina e la preghiera. Noi la prima sera non lo sapevano ancora ed eravamo lì con loro. Ci hanno permesso di restare ed è stato un momento magico: hanno fatto riflessioni molto belle e ognuno condivideva quello che aveva imparato quel giorno. Anche noi abbiamo detto qualcosa. (G) La cerimonia di apertura è stata fenomenale! Con dei droni illuminati sono riusciti a fare nell’aria un orso che spalancava le fauci e il logo del Jamboree. Anche la cerimonia di chiusura non è stata da meno: un bombardamento di fuochi d’artificio!

Ricordiamo il motto che è …?

“Unlock a new world”, sblocca un nuovo mondo.

In che modo l’hai colto? Nel senso, come l’hai visto concretizzato al Jamboree?

Secondo me “sblocca un nuovo mondo” significa conoscere nuove persone, aprire la porta e non far sì che i pregiudizi ti impediscano di incontrare nuove culture. Il Jamboree è stato questo: conoscere nuove persone di varie nazioni, per abbattere i pregiudizi, per aprire la porta della mente.

Vi condivido una mia riflessione. Ovviamente il motto ha un aspetto individuale: sei tu in prima persona che conosci gli altri, che cambi atteggiamento, che ti confronti con le altre culture. Ma ha anche un aspetto politico: pensare che ci sia un mondo nuovo da realizzare. Su che ambiti in particolare secondo voi?

Al Jamboree si è puntato molto ad un mondo rispettoso dell’ambiente, dove inoltre le culture possono interagire senza conflitti e senza muri. Si è parlato di sostenibilità ambientale e di giustizia sociale.

Il Jamboree non è ancora finito: manca l’ultima fase del ritorno alle comunità di appartenenza, il reparto, il gruppo, la parrocchia, il gruppo di amici, la famiglia. Paure e aspettative?

(G) Una grande paura è di non riuscire a trasmettere tutto quello che mi ha dato il Jamboree, che è stata un’esperienza travolgente ed è difficile tradurre a parole le emozioni forti provate. Sono però ottimista, non solo su quest’aspetto ma in generale il Jamboree mi ha dato una visione positiva del mondo.                 (E) Anch’io ho paura che la mia avventura non interessi, gli altri potrebbero fermarsi al fatto che solo io ci sono andata e stop. Vorrei invece che gli altri prendessero, dalle immagini e dalle parole dei miei racconti, la filosofia del Jamboree, alcuni spunti per cambiare anche loro. Sento anch’io di aver cambiato atteggiamento nei confronti del mondo, di essere tornata con la mente più aperta.

Pietro Tasso, Eleonora Schiavon,

Giovanni Papparella

 

 

 

     
     
  

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