Il patrimonio dei ricordi
MARIA VITTORIA FERRARO in MANANI

È vero che si muore come si vive! E Maria Vittoria ci lascia una bella eredità, come sposa, mamma, parrocchiana ha profuso molto volontariato pastorale sia nella Cappellania dell’ospedale di Padova sia nella nostra parrocchia, come catechista e ministro straordinario della Comunione.

Sempre sorridente e affabile, dedicando il suo tempo, le sue energie di mente e di cuore. Come mamma è sempre stata presente con il suo amore, rinunciando a esercitare la sua professione di medico che aveva raggiunto con una laurea a pieni voti.

Premurosa, mai invadente e iperprotettiva, capace di indirizzare e consigliare evitando le imposizioni, pronta ad esserci e a non tirarsi indietro.

Il suo è stato un amore forte, limpido e fedele come ogni mamma dovrebbe avere.

Con il marito Giovanni ha condiviso 49 anni di vita coniugale, condividendo i valori cristiani e anche il carisma camilliano di carità e di dedizione agli ammalati. Lei è stata una delle prime laiche nella Cappellania mista del nostro ospedale di Padova.

Oltre vent’anni fa l’allora Superiore della nostra comunità, Padre Pio Daprà, che era anche delegato della pastorale sanitaria, mi aveva chiesto se c’era in parrocchia una donna disposta all’assistenza spirituale in Pediatria. Io ho pensato a Maria Vittoria, laureata in medicina, anche se per scelta familiare non aveva mai esercitato, catechista in parrocchia e mamma. Lei ha accolto l’invito con la conosciuta disponibilità. Si è preparata con corsi di formazione alle relazioni di aiuto, tenendo poi lei stessa corsi formativi e partecipando ai convegni con i miei confratelli camilliani, con i quali ha sempre collaborato.

Sappiamo quanta sensibilità, umanità e amore richiede la presenza tra gli ammalati, ancora maggiore e più difficile quando si tratta di bambini. Lei l’ha sempre fatto con amore, ed era molto dispiaciuta per il fatto che in questi due anni di pandemia non poteva andare a visitare e a fare compagnia ai piccoli pazienti di Pediatria.

Ogni anno, a Natale e Pasqua, coinvolgeva i nostri giovani per animare una Messa in Pediatria.

Nel 2016, in occasione della Festa della Donna, il Comune di Padova ha riconosciuto il suo impegno con questa motivazione: “Nel suo ruolo di maestra della consolazione per il generoso supporto emotivo, psicologico e spirituale che offre ai malati ospedalieri nel loro percorso”.

La vogliamo ringraziare per la sua testimonianza di sposa, di mamma, di parrocchiana e di donna di consolazione, e per il coraggio e la fede con cui ha affrontato la sua malattia.

Ora Maria Vittoria, sorella in Cristo, permettimi che ti dia del tu, affettuosamente, come lo si dà ai genitori, ai fratelli, a Cristo, alla Madonna e ai Santi. Ti chiedo, come quando ti ho chiesto di essere catechista e di esercitare il volontariato in pediatria come assistenza spirituale: rimani con il tuo Spirito nella nostra comunità parrocchiale prega per i bambini malati della Pediatria che hai servito e amato, e rimani accanto a tuo marito e ai tuoi figli e a quanti ti hanno amata e stimata, soprattutto per il tuo esempio di disponibilità.

 

 



Il patrimonio dei ricordi
GABRIELLA GAMBARIN ved. FREGUGLIA

Proviamo tutti un grande senso di smarrimento e di vuoto di fronte ad una morte improvvisa e violenta. Il Signore ha chiamato Gabriella mentre stava venendo qui in chiesa, per la celebrazione penitenziale comunitaria di Avvento a pochi giorni dal Natale. Ecco, per lei l’Avvento è finito, è Natale. E finita l’attesa è cominciata la gioia dell’incontro, che non sarà più interrotto.

Abbiamo celebrato il Natale, la nascita di Gesù, e in tutti i sensi la nascita della vita, l’esaltazione della vita, della sua preziosità, della sua gratuità, del suo riferimento al nostro Dio, la cui gloria è l’uomo vivente. Potrebbe dunque apparire incongruente questo nostro ritrovarsi intorno alla bara della nostra sorella. Eppure a pensarci bene non è così. Gabriella, donna dalla fede solida e sincera, era certa che il giorno della morte è l’inizio della vita che non finirà più. San Paolo ci rincuora dicendo che “Quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna nel cielo”.

Per tutte le persone che le hanno voluto bene, pesante è la mancanza della presenza di Gabriella, ma la vita di ognuno è come un palloncino appeso a un filo; quando questo viene reciso, il palloncino si protende verso il cielo. Così è per i nostri cari che lasciano questa terra. Siamo figli di Dio, preziosi ai suoi occhi, adesso e anche oltre il tempo. Siamo membra vive del suo corpo, ora e per l’eternità. Erano queste le convinzioni e i valori che Gabriella ha vissuto ogni giorno: la fede che ha coltivato partecipando ogni giorno alla Messa, una fede che ha trasmesso come insegnante, prima al Don Bosco e poi al liceo Cornaro, in parrocchia per oltre dieci anni nella catechesi degli adulti (non vedeva l’ora di riprenderla, dopo che era stata sospesa per la pandemia).

La disponibilità nel volontariato in patronato e nel dare lezioni di italiano ai miei due confratelli indiani e ad altri stranieri. Una decina di anni fa, rimasta vedova, si è dedicata completamente alla vita della parrocchia, che sentiva come sua famiglia. Spesso negli scritti e nei messaggi che mi mandava, sottolineava il clima di famiglia che ha trovato qui a San Camillo. Qui ha coltivato una sincera e cordiale amicizia con alcune amiche e si è impegnata con passione ed entusiasmo al servizio con le sue capacità non comuni.

Negli ultimi tempi, dopo aver preparato un depliant sulla nostra chiesa, sui mosaici e sul crocefisso, ha dedicato tanto tempo nel redigere la cronaca dei sessant’anni della parrocchia. È stato l’ultimo suo lavoro, terminato un mese fa (ndr pubblicato negli ultimi numeri di Vita Nostra). Frutto della sua preparazione di professoressa di Lettere e della sua cultura che esprimeva anche in altre istituzioni della città, come la “Dante Alighieri”.

Mi hanno sempre colpito la sua serenità (eppure anche lei doveva avere i suoi problemi), la sua bontà e affabilità con tutte le persone e soprattutto la sua totale disponibilità. Qualche tempo fa mi aveva offerto la sua collaborazione dove fosse stata necessaria la sua presenza. Nella sua condizione di donna, di cristiana e insegnante, Gabriella ha vissuto il suo percorso di vita con grande responsabilità umana e cristiana. Donna intelligente (intus legere) ha scrutato la realtà guidata dalla curiosità non solo culturale ma esistenziale. Non ha perso il tempo della vita, lo ha fatto fruttificare.

Ha insegnato oltre 41 anni nelle scuole superiori. Andata in pensione, è stata richiamata quando al Don Bosco si trovò a sostituire in fretta un’insegnante di lettere.

 

E questa è l’eloquente testimonianza della preside, suor Bruna.

“La vedevamo salire le scale, agile, come se non avvertisse la stanchezza, distinta nel tratto e con il saluto pronto sulle labbra come un messaggero di liete notizie. La ricordiamo, dunque, così: come una persona piena di vita, aperta, simpatica, affettivamente ricca e generosa. Un affetto molto concreto, fatto di lezioni ben preparate, di compiti scrupolosamente corretti, di pazienza, di fermezza, ma anche di attenzioni personali. Il suggerimento di Don Bosco «Non basta amare a parole, perché i giovani devono vedere i gesti dell’amore» l’aveva ben appreso e reso visibile ogni giorno in classe”.

E penso che tanti studenti le siano restati riconoscenti perché hanno ricevuto, durante gli anni della scuola, non solo contenuti delle materie scolastiche, ma anche capacità di affrontare la vita nella sua interezza, fatta di esperienze sia gratificanti che difficoltose.

Voglio anche sottolineare come, in molti casi, il dialogo iniziato da Gabriella con gli alunni del tempo si è prolungato nelle fasi adulte e complicate della loro vita, con la sua capacità di accogliere.

Una  considerazione: nella scuola di oggi si parla di saperi relativi alle singole discipline. Non dimentichiamo però che i saperi hanno bisogno del sapere (nel suo significato etimologico sàpere = dare sapore). Gabriella ci ha insegnato il sapere come sapore della vita, derivato dai valori umani e cristiani che ha saputo trasfondere in tanti di noi.

 

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