
IV° domenica di Avvento
Nel ciclo dell’anno liturgico A, che abbiamo inziato da qualche settimana, nelle letture delle domeniche ascolteremo il vangelo secondo Matteo.
Matteo scrive il suo vangelo fra gli anni 70 e 80 del 1° sec. E si rivolge in particolare alle comunità di Palestina e di Siria composte in maggioranza di giudei convertiti. Sua preoccupazione è dimostrare che Gesù è davvero il Messia annunciato dalle antiche Scritture e così confermare nella fede i giudei convertiti che venivano contestati dai fratelli giudei ancora fedeli alla Legge antica. Per questo ritorna con frequenza nel suo Vangelo la frase: “questo è avvenuto perché si adempisse la Scrittura che dice...”.
Nel 1° cap. racconta la genealogia di Gesù, per dimostrare che egli appartiene alla discendenza di Abramo e di Davide, perché da lì avrebbe dovuto nascere il Messia, e poi il ruolo che ha avuto Giuseppe nella nascita di Gesù.
In quell’epoca l’istituto del fidanzamento era molto serio, era già un impegno decisivo quanto il matrimonio, con in meno solo la vita in comune: il futuro sposo si chiamava già “marito” e il fidanzamento era pubblico, per questo veniva sciolto con un atto altrettanto pubblico di ripudio legale.
Giuseppe scopre che la fidanzata Maria è già incinta (noi ascoltiamo il racconto qualche giorno prima di Natale, in realtà è da collocare 6-7 mesi prima). Fatto inaudito, un’infamia e una vergogna per lui e per la famiglia di lei. È un uomo “giusto”, non può coprire con il suo nome un bambino di cui ignora il padre. Era suo diritto denunciare Maria ed esporla al pubblico castigo per lapidazione (cf. Deut. 22,20). Ma è convinto della sincerità di Maria e non vuole condannarla a morte.
Occorre prendere sul serio l’esperienza drammatica che vive Giuseppe, che possiamo solo intuire. Prova sentimenti contrastanti: amore, dubbio, imbarazzo, smarrimento, incredulità, fiducia in Maria, indecisione...
Matteo scrive che Giuseppe è “giusto” perché la sua “giustizia” supera quella legale! Qui giustizia significa anche clemenza, magnanimità, misericordia, come in tanti testi dell’AT. Giuseppe non capisce, ma preferisce rispettare il mistero di Maria e così salvarle la vita. L’evangelista ci vuole dire: l’osservanza rigorosa della Legge, che i farisei esigevano, avrebbe potuto uccidere il Messia!
Ci troviamo di fronte a una maternità fuori di ogni logica umana! Giuseppe non capisce, ma accetta. La logica razionale - la nostra - avrebbe avuto mille ragioni per fare diversamente. La logica delle fede è: non pretendere di capire tutto, non pretendere di fare tutto noi, ma lasciar fare a Dio e fidarsi. Nel sogno Giuseppe si sente dire: “non temere”, cioè: fidati. Le stesse parole che avevano ascoltato Abramo, Mosè, Giosuè, Zaccaria, Maria.
Giuseppe obbedisce e diventa padre legale di Gesù (non padre naturale, come l’evangelista specifica bene con le parole “generato dallo Spirito Santo”). Lo chiamiamo padre putativo, dal latino puto - credo, cioè creduto, ritenuto padre di Gesù.
Non temere. Fidati. Le stesse parole Dio le rivolge a noi oggi.
